12 settembre 2005
Quanto deve essere lungo un nome a dominio?

In questo articolo cercheremo di affrontare un tema a nostro avviso molto importante e, purtroppo, fortemente sottovalutato anche da grandi esperti di SEM (Search Engine Marketing) e SEO (Search Engine Optimization).

Quanto deve essere lungo un nome a dominio?
‘Funzionano’ di più i nomi lunghi o quelli corti?
I domini lunghi sono migliori per i motori di ricerca, ma peggiori per gli utenti?


Queste domande comportano evidentemente la contaminazione tra l’arte (perché di questo si tratta) del naming (una nobilissma branca del copywriting e del marketing) e la tecnica del SEM-SEO.

Abbiamo già affrontato questo tema precedentemente e quindi ci soffermeremo meno sulle caratteristiche che deve avere il nome a dominio di un sito e maggiormente sulle caratteristiche che debbono avere gli url (sì, è maschile...) delle pagine del sito stesso.

Diciamo subito che per il nome a dominio ‘shorter is better’ e questo è oggi più valido che in altri tempi e per una semplice ragione che spiegheremo ora; prima della nascita di Internet, la decisione di che nome dare a una società, a un prodotto o a un servizio era certamente più semplice; in primo luogo perché nel mondo dell’offline ci possono essere migliaia di società con lo stesso nome e di fatto ci sono. Quanti TecnoLab ci sono al mondo? Migliaia. Ma quanti TecnoLab.com ci sono al mondo? Soltanto uno, perché – per forza di cose – i domini debbono essere univoci.
Il primo problema che deve quindi affrontare chi dà vita a un nuovo sito-società è quello di trovare un nome a dominio disponibile, una cosa sempre più difficile ovviamente col passare del tempo; l’ICANN ha cercato di risolvere in parte questo problema aumentando le estensioni di primo livello, ma di fatto con scarsissimo successo. I domini .info .name etc. non hanno di certo risolto questo problema perché nessuna persona ragionevole e che volesse lavorare seriamente con il Web comprerebbe mai un dominio .info senza avere a disposizione anche il .com. E’ ormai cosa nota che l’estensione ‘naturale’ di Internet è .com (seguita dalla sola estensione nazionale, .it, .es etc.). Comprare tante estensioni (.org, .info, .net etc.) senza avere a disposizione il .com significa come minimo fare perdere tempo ai propri utenti (che sbaglieranno numerose volte l’estensione e dovranno fare vari ‘tentativi’ prima di trovare l’estensione giusta) e, nella peggiore (ma non rara) delle ipotesi, portare traffico a un sito concorrente e quindi potenzialmente perdere il proprio cliente.

Il web naming è più difficile del naming

Quindi diciamo subito che la prima regola di un buon namer (trovare un nome facilmente ricordabile, facilmente scrivibile, difficile da confondersi con altri nomi o privo di ambiguità se letto in altre lingue) viene piano piano ostacolata dal crescente numero di proprietari di domini internet; di fatto stiamo assistendo a un processo naturale di ‘allungamento’ dei nomi che difficilmente cesserà. Molti hanno cercato di risolvere questo problema con l’utilizzo di acronimi, ma, oltre al fatto che gli acronimi spesso sono difficilmente leggibili, è altrettanto vero che la stessa cosa che vale per i nomi ‘normali’ vale anche per gli acronimi. Provate voi stessi a cercare un acronimo libero nell’estensione .com che sia composto di quattro lettere. E’ difficilissimo trovare qualcosa di libero e che possa avere anche un senso per la propria attività.
E’ quindi evidente che, pur rimanendo salda la legge che ‘shorter is better’, bisogna altresì abituarsi all’idea che col passare del tempo i nomi a dominio dovranno essere sempre più lunghi ed è quindi consigliabile fare sì che siano sempre più semplici, dal momento che la lunghezza di una parola o di una frase (e quindi di un nome a dominio) è inversamente proporzionale alla sua capacità di essere ricordata. Se il nome a dominio sarà però ‘memorabile’, la lunghezza rappresenterà un problema solo di mistyping da parte dell’utente che dovrà scrivere il nome nella barra degli indirizzi del browser. Facciamo comunque un breve esempio: il dominio “tantovalagattaallardochecilascialozampino” sembrerebbe difficile da ricordare, ma di fatto è molto facile; questo è un modo di dire che tutti conoscono e quindi è difficile pensare che ci siano dei dubbi sulla sequenza di lettere da digitare; sono 41 caratteri ma ‘concatenati’ in una frase facilmente ricordabile. E’ ovvio che quaranta caratteri senza alcun nesso fra loro sarebbero invece difficili da ricordare. Per esempio: “palskdjfhgyturieowwqp9876rtyuoijnbvcdfgty” è difficilissimo da ricordare.
E’ ovvio che tra i due esempi esistono molte ‘vie di mezzo’. Lo sforzo che un buon namer deve fare è quello di scegliere un dominio che sia memorabile (ma non ridicolo) come il primo e che non sia astruso e incomprensibile come il secondo, una cosa effettivamente sempre più difficile.

I trattini vanno ancora ‘di moda’?

Molti ancora si chiedono se è meglio separare le parole contenute all’interno di un nome a dominio con dei ‘trattini’. C’è da dire che negli ultimi tempi le cose sono cambiate e molti si sono accorti che mettere dei trattini non è affatto conveniente. La ‘moda’ dei trattini nacque insieme con la credenza (di fatto sostenibile) che i motori di ricerca privilegiassero i domini che separavano le parole con dei trattini, nel caso in cui queste parole fossero cercate in una query del motore di ricerca. Quindi, se un searcher avesse cercato su un search engine: “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”, l’idea era che sarebbe stato privilegiato questo dominio “tanto-va-la-gatta-al-lardo-che-ci-lascia-lo-zampino” piuttosto che questo “tantovalagattaalladochecilascialozampino”. Forse una volta le cose stavano effettivamente così. Adesso non più. Per non parlare del fatto che sono sempre più rari i ‘keyphrase-domain” che possano avere una qualche utilità economica. Anche in questo caso, i migliori domini sono tutti stati già occupati, o da società che si occupano effettivamente dell’argomento in questione (per esempio: “mutuiagevolati, finanziamenticasa, vacanzemare, trovarelavoro, etc.) o da società che si occupano di ‘occupare’ i domini e poi di rivenderli a chi si occupa o si vuole occupare di quel business.
La tendenza più recente è quindi quella di non puntare eccessivamente alla ‘semanticità’ del dominio di secondo livello, quanto piuttosto di dare vita a un ‘bel’ nome a dominio, con tutte le caratteristiche tipiche dei ‘bei nomi’, nate prima di Internet, con qualche accortezza in più in merito a possibili errori di battitura e comunque senza più badare ai trattini (quindi eliminandoli) perché se è vero che i motori di ricerca hanno smesso di dare un vantaggio alle parole che sono divise da trattini è altrettanto vero che gli esseri umani preferiscono scrivere senza trattini, per un semplice motivo di ‘economicità’. Ovviamente, come già detto, bisogna assicurarsi che l’estensione .com e la .it siano disponibili, altrimenti si rischia di leopardizzare tutta la propria attività con un errore iniziale. E’ anche consigliabile occupare, se possibile, tutte le estensioni principali (.org, .net, .biz) dal momento che ormai i nomi a dominio sono venduti veramente a prezzi bassissimi e non rappresentano più quel ‘fardello economico’ di qualche anno fa (quando uno studente difficilmente si poteva permettere di acquistare più di due o tre domini).


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